“Se ti sedessi su una nuvola ‐ scrive il poeta e filosofo libanese Khalil Gibran ‐ non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola.” Bella, vero? Ma di difficile attuazione. L’inconveniente di non vivere sulla nuvola di Gibran, evidentemente, porta invece confini e divisioni. E perciò a guerre.

Abitare sulla terra comporta questo “guaio”. E tra i guai la guerra è il peggiore in assoluto. Perché, glossando lo storico Erodoto, se “in pace i figli seppelliscono i padri, in guerra sono i padri a seppellire i figli.” Con tutto ciò che ne consegue in termini di sventura.

Questa Itaca è un brevissimo affaccio in tredici citazioni letterarie, tra le tante (tantissime) prodotte sui concetti di “guerra” e di “pace” (e facilmente rintracciabili).

Il rischio assuefazione su ciò che sta avvenendo in Ucraina, a mio avviso, è sempre più in agguato. Me ne accorgo dalle chiacchierate con amiche e amici, dalle visioni mediatiche giornaliere o dalle letture di giornali e riviste (cartacee e online) sull’argomento. Per cui, per non adattarcisi, meglio rispolverare la saggezza di nostri avi, più o meno, illustri.

Quando si procede per citazioni (diverse naturalmente per epoche, ovvero per testi e contesti storici) è come se si andasse per campi, tra la natura, dove, in ogni passo che si fa, si ricerca con lo sguardo e con le mani il bello di un qualche speranzoso ancoraggio, utile a sopportare, e superare, il brutto delle avversità quotidiane. E di cose brutte, in questa nostra attuale quotidianità, ce ne sono tante… Non foss’altro perché risulta maledettamente più complicato “vivere ‐ sostiene il filosofo, scienziato e logico greco Aristotele ‐ per organizzare la pace”.

Chi muove guerra pensa, ahimè, di aver capito tutto dalla vita. Pensa lui… sragionando visibilmente, dal momento che, riportando il filosofo Bertrand Russel, non è la guerra a stabilire chi ha ragione “ma solo chi sopravvive” ad essa. Anche perché, dà man forte l’avvocato e celebre politico Abraham Lincoln, “non esiste un modo onorevole di uccidere, né un modo gentile di distruggere”. Per poi chiosare: “Non c’è niente di buono nella guerra. Eccetto la sua fine”.

Ma ci sono popoli bellicisti? “No, non ci sono popoli bellicosi, solo leader guerrafondai” risponde al punto di domanda il Nobel per la Pace del 1950 Ralph Bunche. E “chi è in guerra con gli altri ‐ suggerisce il saggista umanista inglese William Hazlitt ‐ non è in pace con sé stesso”. E qui, di grazia, ogni riferimento ai giorni nostri è puramente casuale. Non ci sono popoli guerrafondai anche perché, il popolo, ogni popolo, la guerra la rifiuta… dal momento che “quando i ricchi vanno in guerra – puntella lo scrittore francese Jean-Paul Sartre – sono i poveri che muoiono”.

Le guerre le vincono i forti? Il grande scrittore russo Lev Tolstoj, autore di “Guerra e Pace”, non ha dubbi al riguardo: “I più forti tra tutti i guerrieri sono solo il tempo e la pazienza”.

“Che sia maledetto colui che per primo ha inventato la guerra!”, quindi. Chiosando con l’espressività del drammaturgo, poeta e traduttore britannico Christopher Marlowe. Come non si fa a capire che ogni guerra, ricalcando le parole di Papa Francesco, “lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato”. Proprio così! Bisognerebbe capirlo una volta per tutte: “L’umanità deve mettere fine alla guerra o sarà la guerra a mettere fine all’umanità” rinforza il compianto politico e saggista americano John Fitzgerald Kennedy. E questo andrebbe fatto tutti i santi giorni che viviamo sulla faccia della terra.

A tal proposito affermava bene l’astrofisica italiana Margherita Hack – che fortuna averla conosciuta in vita! – quando ammoniva: “Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra.”

Appunto, la guerra… la peggiore.

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