Mauro lo conosco da anni. Tanti anni. Compagno di vita di un amico in comune, Manfredi, ogni tanto, quando il pensiero si incrocia, e ora che Manfredi non c’è più, ci sentiamo. Mi informa sul come sta e sul come va avanti, nonostante gli acciacchi e sebbene i malanni, maledetti malanni, che lo tengono in continua apprensione.

Mauro Bosco, uomo di Cultura, è un attore. Un ottimo attore.

Lui, che dell’umiltà ne ha fatto un’esistenza, non lo dà a vedere e quando mi parla dei suoi anni in cui il Cinema si faceva per davvero, lo fa sempre con l’aria di chi non vuole dire troppe cose per non mettersi in mostra.

Oggi che ha 84 anni e che, a Riano, vive non lontano da dove risiedo io, i racconti della sua carriera professionale sono diventati ricordi da narrare fra amici, pochi, con i quali ancora ha voglia di compagnia.

Mauro ha esordito nel 1964 con Pasquale Festa Campanile nel film “Le voci bianche” e da quel momento in poi ha lavorato con registi che definire solo tali è fare un’offesa al Cinema: Guglielmo Morandi (“La cena delle beffe”), Maurizio Lucidi (“La più grande rapina del West”), Alfredo Angeli (“La notte pazza del conigliaccio”), Silverio Basi (“Piccola città”), Mario Bava (“5 bambole per la luna d’agosto” e “Roy Colt&Winchester Jack”), Luigi Zampa (Bisturi – La mafia bianca), Angelo Pannacciò (“Un’età da sballo”), Ettore Scola (“Splendor”), Alberto Sordi (“Assolto per aver commesso il fatto”) e Piero Nardi (“Eclissi totale”).

In televisione ha partecipato a qualcosa come 23 sceneggiati e serie tv: da “Vivere insieme” a “La Piovra”; da “I ragazzi del muretto” a “Il maresciallo Rocca”.

Per il teatro ha recitato in Commedie quali “Amleto” di William Shakespeare e “Così è se vi pare” di Luigi Pirandello, solo per dirne due…

Ha chiuso la carriera da doppiatore, prestando la voce in 27 film e 11 cartoni animati. Mia figlia lo scambia ancora per McLeach di “Bianca e Bernie nella terra dei canguri” o per Rasputin di “Anastasia”.

Ieri, avendo saputo del pericolo discarica dei rifiuti a Magliano Romano, mi ha chiamato: “Italo, ho appreso che…” mi ha detto, con il suo italiano d’altri tempi, all’inizio della telefonata. Si è informato su come stanno le cose e si è preoccupato di far sapere che lui, nonostante i malanni di una vecchiaia che tarda a diventar gioventù, ci sta. “Fammi sapere cosa e come posso fare per darvi una mano. Io vivo a Riano ma Magliano è qui a due passi e non voglio di certo morire sotto il fetore di una discarica…” ha aggiunto.

Gli ho risposto che il suo impegno è più che gradito. Anzi, di più: è graditissimo. E che quando sarà il momento di partecipare lo avviserò.

“Io ci sono anche se sto malmesso. Per me la lotta alla discarica è una battaglia di civiltà. Ma come si fa ancora a parlare di discariche?”. Appunto, caro Mauro, gli ho detto: “Come si fa?” Eppure qualcuno ne parla!

Mauro Bosco, che è nato a Torino e che vive a Riano da oltre quarant’anni, fa parte di questo territorio. “È la mia seconda pelle. Viverlo, seppure con tempi e modi non compiuti, mi ha permesso di apprezzarlo. Il verde, la natura, il paesaggio… Sapere che c’è ancora qualcuno che non si dà per vinto e che vuole sfigurarlo mi dà ai nervi…”.

Telefonate come questa di Mauro fanno ben sperare.

Itaca a volte è anche uno squillo di cellulare. Uno di quei squilli che, per Cultura e assonanza di passione, rendono più speranzoso un passaggio di tempo che si preannuncia complesso e difficile.

“Fagli sapere, Italo” mi ha detto alla fine della telefonata “agli amici di Magliano che Mauro Bosco c’è in questa battaglia a difesa della vita”. E io, con questa Itaca, ora lo dico.

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