Torneremo a seminare granturco nei nostri campi, torneranno i girasoli nel nostro orizzonte. Anche nei grandi campi della piana del Tevere, anche sulla Tiberina.

È la guerra che ci gira intorno a riportarli. Negli ultimi 20 anni li avevamo persi di vista. Prima si incontravano coltivazioni immense  che tracimavano sulle provinciali, ed era un momento di allegria ,l, delle volte se ne portava via qualcuno,  altre volte si tentava di entrare nella piantagione con i figli piccoli per provare l’effetto che fa perdersi nel labirinto di quei fiori giganti ed essere subito sommersi dalla loro altezza.

Poi i grandi prati gialli sono stati cancellati uno ad uno. Non conveniva più coltivare i girasoli, meglio comprare il mais prodotto nelle pianure dell’Ucraina oggi sconvolta dalla guerra. Ora si conoscono i numeri di questa ritirata che ha ferito il paesaggio e l’autonomia alimentare.

Non manca il grano ma il mais: produzione ridotta del 40%

Secondo l’Istat, in Italia, tra il 2006 e il 2008, se ne produceva poco meno di cento milioni di quintali, contro i 61 milioni del 2021. A queste condizioni è forte il rischio di non avere sufficienti mangimi per i bovini, e per un effetto domino mettere a rischio la produzione di formaggi anche pregiati come il parmigiano.

Per pane, pasta e dolci, in Italia l’emergenza è circoscritta. Il grano duro per la pasta registra l’autosufficienza, per quello tenero – fondamentale per i dolci e il pane – l’importazione  è minima.

Ma l’analisi di Coldiretti è spietata: “I prezzi internazionali di oli vegetali, cereali e carne hanno fatto registrare il massimo di sempre ma in forte aumento sono anche zucchero e lattiero caseari. 

Una situazione che nei Paesi più ricchi provoca inflazione, mancanza di alcuni prodotti e aumenta l’area dell’indigenza alimentare. Ma nei paesi meno sviluppati il rischio di gravi carestie è drammatico. Può portare a nuove rivolte del pane, che negli anni scorsi hanno già coinvolto molti Paesi del nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto, peraltro maggior importatore mondiale di grano da Russia e Ucraina”.

L’effetto atteso è la crescita dell’immigrazione, perché dalla fame si scappa.

Occorre seminare mais e pace

“Senza la fine della guerra le semine primaverili di cereali in Ucraina saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione, mentre le spedizioni dai porti del Mar Nero sono bloccate dalla Russia”.

“L’emergenza – rileva la Coldiretti – sta innescando un nuovo corto circuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale, che ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento”.

Cosi è la guerra che ci gira intorno

È la guerra che ci gira intorno. Porta con sé, come sempre, lo spettro della fame. Non nelle nostre pinguì terre ma certamente in grandi parti del mondo. Per uscire da questa nuvola di morte in cui siamo avvolti non basterà il ritorno dei fiori che seguono il sole. Per ritrovare la serenità perduta occorre seminare in terra fertile mais e il seme della voglia di pace.

Sponsor