Avete presente quelli che “il calcio è uno sport da uomini”? Ecco, portateli ad assistere allo spettacolo No Wags e vi toglierete un sacco di soddisfazioni. Perché il tema del calcio sarà solo una scusa per deframmentare cent’anni di sessismo senza cadere nel qualunquismo di qualsivoglia corrente politica e/o culturale.
A Roma No Wags è andato in scena dal 7 al 9 marzo all’ Off/Off Theatre che è un salotto culturale prezioso per la capitale grazie ad una programmazione di altissima qualità.
No Wags è uno spettacolo originale scritto da una squadra capitanata dal musicista e compositore Piji Siciliani (che ne cura anche la regia) insieme a Cristina Chinaglia, Roberta Pompili, Barbara Folchitto, Emanuele Di Giacomo, Carlotta Piraino.

Riordiniamo le idee, anzi lo schema di gioco, per raccontarvi di quello che è accaduto sul palcoscenico: l’impresa non è semplice perché grazie all’abilissima strategia drammaturgica messa in campo, gli spettatori si trovano proiettati in multi-versi calcistici e di quotidianità spiccia fra risate, musica, monologhi incredibili e tanta storia del calcio femminile e non solo.
Inno Nazionale, calcio d’inizio e la storia di quattro donne e della loro passione per il pallone si sviluppata in un tempo compreso fra i 90 minuti di una partita di calcio grazie azioni veloci che definiremo “intensi dialoghi intimi” rivolti ad un pubblico ma, anche e soprattutto, a se stesse. Si entra a gamba tesa e senza alcun fallo nell’argomento più importante messo in evidenza: non esiste una educazione che abbia un sesso. La pedagogia è relazione. Non ha bisogno di una identità di genere ma del rispetto per l’individuo nella sua completezza.
Cristina Chinaglia, Giada Lorusso, Roberta Pompili e Miriam Galanti (con la sua partecipazione straordinaria) sono interpreti fantastiche. Le loro storie, le storie delle donne che portano in campo, ricompongono la cornice di senso delle origini e del valore del calcio femminile nella tempo.
Ogni elemento è curato nei minimi dettagli e la meticolosa professionalità della quale il bravo Piji Siciliani ha fatto uno stile riconoscibile nelle sua carriera, diventa per questa occasione un valore aggiunto allo spettacolo stesso.
Fra un’azione e l’altra (fra un monologo e l’altro), è possibile ascoltare storie musicali dedicate al calcio e ci si trova quindi in una vera lezione multidisciplinare che dribbla sul campo della cultura. Sì, perché l’impronta che lascia questo spettacolo è la consapevolezza che la cultura non si può stare a guardarla dagli spalti solo da un unico punto di vista. Non ci si può accontentare di farlo. La cultura è riconoscimento di ciò che abbiamo intorno osservato con occhi curiosi e mai giudicanti.

La scenografia è parte integrante dell’ironia che accompagna la drammaturgia e si fa emozionante nella parte conclusiva dello spettacolo: una rete può essere tante cose. Può ingabbiare idee e persone e può, al contrario rappresentare, un reticolato di salvezza. Immagine potente se pensiamo anche ai recenti e drammatici fatti di cronaca legati al mare. Mai in fuori gioco l’accurato supporto tecnico alle luci e al suono di Andrea De Caroli.
In ogni impresa artistica di Piji ritroviamo una costante: il saper guardare oltre. No Wags è l’inno delle donne che sanno essere donne in qualsiasi campo scelgano di giocare. La libertà non è un trofeo da conquistare e poi lasciar coprire di polvere ma un stile di gioco, anzi di giuoco (calcio).
Si ride in No Wags e tanto.
“Le origini del calcio femminile sono legate alla patria del football, la Gran Bretagna. Ma c’entra anche la Seconda rivoluzione industriale: le squadre di calciatrici inglesi nacquero infatti come dopolavoro per le operaie. La più antica è la Dick, Kerr’s Ladies Football Club, fondata nel 1894 dalle lavoratrici della fabbrica di vagoni e locomotive (e poi di munizioni) Dick, Kerr & Co. di Preston, nel Lancashire. Il primo incontro di cui si abbia notizia è dell’anno successivo.
Nel nostro Paese, un gruppo di ragazze di Milano fondò la prima squadra di calciatrici nel 1933: il Gruppo femminile calcistico. Ottennero dalla Figc il permesso di giocare solo a porte chiuse. E quando nell’ottobre dello stesso anno organizzarono la prima trasferta, contro una squadra femminile appena nata ad Alessandria, furono fermate: il regime fascista dirottò le calciatrici verso atletica o basket (che si giocava senza contatto).
Insomma, il fascismo proibì alle donne – che dovevano essere mogli e madri prolifiche – di praticare uno sport maschile per antonomasia: di calcio femminile si ricominciò a parlare in Italia nel 1946”. (fonte articolo di Focus, Speciale Dove e Quando è nato il calcio femminile?)
Se però volete saperne di più cercate in giro le ragazze del No Wags. Le potrete riconoscere perché vi parleranno di “rotazioni e rivoluzioni”.